IRAP

L’autonoma organizzazione: il requisito essenziale per l’applicazione dell’IRAP

Professionisti, agenti e rappresentanti, piccoli imprenditori: sapete che in assenza di autonoma organizzazione potete essere esclusi dal pagamento dell’IRAP? Magari leggendo questo articolo vi potrete rendere conto di essere anche voi tra i soggetti esclusi. Un grande vantaggio fiscale quindi! Questo articolo si inserisce in una collezione più ampia di articoli relativi all’irap per i lavoratori autonomi e piccoli imprenditori. Già in un precedente contributo c’eravamo soffermati su IRAP ed IVA: una possibile sovrapposizione in contrasto con la disciplina comunitaria. Segui dunque il nostro Blog per avere una guida completa su questo argomento. Buona lettura!

 

Il requisito essenziale dell’autonoma organizzazione

In questo articolo ci soffermeremo sul requisito dell’autonoma organizzazione da parte di imprese e lavoratori autonomi. L’assenza di questo requisito comporta l’esclusione dall’applicazione del tributo. Di fatto l’articolo 2 del decreto legislativo 446 del 1997 stabilisce proprio che il presupposto dell’IRAP è l’esercizio di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione e allo scambio di beni e servizi. Il soggetto passivo del tributo è, quindi, il soggetto che esercita tale attività[1].

 

Cosa si intende con l’espressione “autonoma”?

Appare opportuno evidenziare che, affinché ricorra il presupposto impositivo, è necessario che l’organizzazione sia “autonoma”. Sulla base di tale considerazione la dottrina dominante[2] giunge alla conclusione secondo cui l’autonoma organizzazione non è requisito integrato dalla mera quantità degli elementi organizzati, ma dalla qualità degli stessi in relazione alla specifica attività considerata[3]. L’organizzazione cioè risulta autonoma non tanto perché quantitativamente importante[4], ma perché in grado di spersonalizzare l’attività svolta, e dunque di generare ricchezza (nella specie “valore aggiunto prodotto”) senza che l’apporto dell’organizzatore sia determinante[5].

L’organizzazione deve essere quindi qualificata autonoma allorquando sia in grado, non solo di amplificare l’opera del lavoratore autonomo, ma anche di sganciare, almeno potenzialmente, l’attività dell’organizzazione in sé considerata: si avrà, pertanto autonomia organizzativa ogniqualvolta la medesima si svilupperà e potrà essere esercitata in assenza del titolare[6].

Un indirizzo dottrinale minoritario[7], invece, ha assunto una posizione coincidente con quella della amministrazione finanziaria e ritiene che, ai fini della qualificazione di un’organizzazione come autonoma, sia sufficiente la mera auto – organizzazione, ossia lo svolgimento della propria attività lavorativa al di fuori di un’organizzazione altrui. L’utilizzo dell’avverbio “autonomamente” avrebbe, quindi, la sola funzione di escludere dal campo di applicazione dell’imposta quei soggetti che, pur essendo lavoratori autonomi, operano all’interno di un’organizzazione altrui, quali collaboratori coordinati e continuativi[8].

La giurisprudenza non sembra aver condiviso a fondo le argomentazioni di quest’ultimo orientamento dottrinale, esponendosi maggiormente a favore del primo.

 

I requisiti dell’autonoma organizzazione

Secondo il già citato articolo 2 del decreto legislativo 446/97, il presupposto al verificarsi del quale scatta l’onere impositivo è fatto risalire da un lato a concetti usuali come l’abitualità ed il fine di produrre o scambiare beni e prestare servizi. Dall’altro ad una nozione innovativa come quella dell’”autonomia organizzativa”.

Quest’ultimo requisito ha “la funzione di escludere l’applicazione dell’imposta, in primo luogo, a chi svolga un’attività confluente in un’organizzazione altrui, in particolare apportando ad un’impresa,  lavoro (come dipendente o collaboratore) o capitale (come socio o come finanziatore, purché diverso da un’impresa bancaria o finanziaria)[9].

 

Domande e risposte

Auto-organizzazione

Ai fini dell’applicabilità del tributo è necessaria una semplice forma di auto-organizzazione (legata alla capacità di lavoro personale di chi la esercita) oppure è richiesta una qualche organizzazione materiale?

La posizione della giurisprudenza risulta orientata verso la seconda tipologia, la quale ricollega la soggezione ad IRAP alla presenza all’interno della struttura organizzativa di lavoro altrui o, almeno, di un complesso di beni materiali superiore a quanto di per sé indispensabile.

La stessa Corte Costituzionale è intervenuta sul punto in questione con la famosa sentenza n.156 del 21 Maggio 2001, con la quale ha stabilito che a fini impositivi la presenza dell’elemento organizzativo è connaturata alla nozione stessa di impresa, delimitando alla sola attività di lavoro autonomo la non applicabilità del tributo qualora non sussistano quegli elementi necessari per delinearne una autonoma organizzazione. 

La posizione del Ministero delle Finanze sembra procedere allo stesso modo, sostenendo che il presupposto per l’applicazione dell’imposta è “l’esercizio abituale di un’attività, autonomamente organizzata, diretta a produrre o scambiare beni o prestare servizi, ancorché tale attività non abbia carattere commerciale. Da tale definizione consegue che, qualora dette attività vengano esercitate in modo occasionale, le stesse non rilevano ai fini dell’applicazione dell’IRAP”[10].

Secondo tale espressione si vogliono escludere dall’imposta quelle attività che, pur essendo riconducibili all’esercizio di arti o professioni, non sono esercitate mediante un’autonoma organizzazione da parte del soggetto interessato. L’obiettivo dell’amministrazione finanziaria con la locuzione “attività autonomamente organizzata” è quello di separare il concetto di lavoro autonomo in “professionale” e “occasionale o di collaborazione coordinata continuativa”, prevedendo l’assoggettamento del tributo solo nel primo caso.

La posizione ministeriale, infatti, presuppone (similmente a quanto accade per l’attività imprenditoriale) come naturale che nella nozione di lavoro autonomo non occasionale ricorra sempre l’elemento organizzativo.

L’orientamento del Ministero delle Finanze è stato successivamente confermato dalla risoluzione n.32 del 31 Gennaio 2002 che ha ritenuto sottoposto ad IRAP un professionista che svolge la propria attività di consulenza fiscale e contabile nella propria casa di abitazione, senza l’utilizzo di beni strumentali o l’ausilio di collaboratori o dipendenti.

Secondo infatti la risoluzione in esame il requisito dell’autonoma organizzazione caratterizza tutte le attività indicate dall’articolo 3 del decreto legislativo 446/97 (ivi ricompresi anche i professionisti che, dunque, sarebbero sempre soggetti ad imposta).

L’autonoma organizzazione per i professionisti

Per quelle professioni “protette” (il cui esercizio necessità di un esame di abilitazione) per le quali l’attività non possa svolgersi in assenza del titolare, assume rilievo ai fini impositivi l’organizzazione di cui esso si avvale[11] ?

L’impiego di un numero elevato di dipendenti e di beni strumentali farebbe scattare l’onere impositivo nei confronti del professionista, posto che la struttura organizzativa non costituisca un elemento essenziale allo svolgimento della sua attività[12] ?

Dai contrasti derivanti dalla posizione assunta da parte dell’Agenzia delle Entrate (tramite la già citata risoluzione n.32 del 31/01/02) e dalle posizioni assunte da parte della giurisprudenza di merito, la Corte di Cassazione si è pronunciata per la prima volta nella già citata sentenza n.21203 del 05/11/04, anche se il vero e proprio intervento è da far risalire al famoso “IRAP day” nel 2007.

Infatti fino all'”IRAP day” del Febbraio 2007 (a parte isolati casi come la sentenza n.21203), non vi è stata un’espressa posizione della Suprema Corte a causa della sospensione di tutte quelle cause relative all’assoggettamento dell’IRAP per piccoli professionisti, in attesa di una soluzione riguardo il problema della compatibilità dell’imposta con l’ordinamento comunitario [13].

Con le numerosissime sentenze rese a partire dal 2007 è stata essenzialmente confermata la posizione assunta dalle diverse Commissioni tributarie, disattendendo l’orientamento assunto dalla Agenzia delle Entrate nella risoluzione n.32 del 31 Gennaio 2002.

Sono state così respinte tutte le tesi “estreme” assunte dall’Agenzia delle Entrate, secondo cui il requisito dell’autonoma organizzazione è fatto risalire a tutti coloro rientranti nell’elenco dell’art. 3 del d.lgs. 446/97 (e perciò anche verso i professionisti); ma sono state respinte anche le tesi di talune Commissioni Tributarie, secondo le quali l’IRAP sarebbe dovuta solo quando non sussiste l’iscrizione ad albi e ordini e, comunque, l’organizzazione raggiunga un grado di autonomia tale da prevalere sulla figura e sull’opera stessa del professionista titolare dell’organizzazione produttiva.

Sul punto in esame la Cassazione sembra quasi assumere una posizione intermedia, per cui è stato affermato che l’esercizio di un’attività autonomamente organizzata non presuppone necessariamente che tale attività debba per forza funzionare in assenza del titolare.

Il giudice di legittimità ritiene quindi insussistente il rilievo secondo cui “qualsiasi attività di lavoro autonomo implica comunque organizzazione”; allo stesso tempo non è lecito sostenere l’altro postulato che privilegia l’esonero dal tributo per tutte le categorie professionali “protette” sulla scorta di una pretesa “insostituibilità” della figura del professionista.

Tale principio è stato  ribadito nelle sentenze della stessa Cassazione:

  • del 20 Luglio 2009, n.16855, nella quale è stato affermato che non assume rilievo la “ricorrenza obbligata di un’autonomia organizzativa e di una complessità organizzativa nell’attività dei notai”[14];
  • del 16 Ottobre 2009, n.21989, in cui è stato ribadito che è sempre il requisito dell’autonoma organizzazione, e non l’iscrizione “a un ordine professionale protetto”[15] a rilevare per l’applicazione dell’IRAP.

“L’accertamento del menzionato requisito […] è riservato al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato: va, quindi, verificato caso per caso”[16].

 


L’evoluzione dell’agenzia delle entrate

Preso atto della posizione della Corte di Cassazione, l’Agenzia delle Entrate ha così abbandonato le posizioni assunte in precedenza configurando, limitatamente al reddito di lavoro autonomo, la possibilità di esclusione dal regime fiscale dell’IRAP.

Nella Circolare n.45 del 13 Giugno 2008, l’Agenzia ha infatti affrontato per la prima volta la questione dei criteri in base ai quali è possibile escludere l’assoggettamento ad IRAP degli esercenti arti e professioni, fornendo ai propri uffici le istruzioni per la gestione del contenzioso pendente.

Qualora non siano rispettati detti requisiti, un’eventuale esclusione dall’imposta sarà verificata in ogni singolo caso specifico.

Diversamente per i titolari di reddito d’impresa, qualora siano anche rispettati i parametri richiesti dalla legge, il presupposto per il pagamento dell’IRAP sarà sempre verificato.

Nella successiva Circolare n.28 del 2010, l’amministrazione finanziaria ha previsto per alcune categorie di soggetti la possibilità di una esclusione dal regime impositivo qualora l’attività sia basata principalmente sul lavoro del titolare.

Viene finalmente eliminata l’equivalenza per cui al reddito di impresa e al reddito di lavoro autonomo viene associato automaticamente l’onere impositivo: grazie a ciò, anche i soggetti esercenti attività di impresa, oltre gli esercenti arti e professioni, non sono tenuti al pagamento dell’IRAP qualora manchi il requisito dell’autonoma organizzazione.

È stata così definitivamente superata la regola generale secondo cui lo svolgimento di una attività produttiva costituiva un elemento di autonoma organizzazione, col conseguente assoggettamento all’imposta IRAP.

Ai fini dell’applicazione dell’imposta non basta quindi l’esercizio dell’attività, ma appare necessario approfondire le modalità di svolgimento della stessa.

Risulta così utile in termini fiscali rilevare quegli elementi la cui presenza denota l’esistenza di autonomia organizzativa, come l’impiego (anche occasionale) di lavoro altrui e la disponibilità di mezzi strumentali eccedenti la soglia minimale. Gli esercenti arti e professioni ed i piccoli imprenditori potrebbero quindi trovarsi nella situazione di dover decidere se pagare o meno l’IRAP per la mancanza del suddetto requisito.

 

Un contenzioso che vince

I criteri che consentono di individuare la sussistenza o meno dei requisiti di autonoma organizzazione sono ormai da diversi anni al centro di numerose sentenze della Sezione tributaria della Corte di Cassazione, molte delle quali sono a favore dei contribuenti.

 

Sull’IRAP dei piccoli il contenzioso a oltranza «paga» il contribuente otto volte su dieci. Nel 78,8% delle liti sostenute da professionisti senza organizzazione e giunte fino all’ultimo grado di giudizio, la Corte ha dato loro ragione. Questo il bilancio delle 180 sentenze pronunciate negli ultimi 14 mesi, ovvero dall’«IRAP day[17]» dell’8 febbraio 2007 quando i giudici di legittimità decisero di pronunciarsi contemporaneamente su circa 80 ricorsi[18].

 


[1] Il tratto distintivo di questa definizione normativa deve ravvisarsi nel fatto di rendere applicabile il tributo con riferimento all’esercizio abituale non di qualunque attività produttiva di beni e servizi, ma solo di un’attività “autonomamente organizzata”. Sul punto si veda: M.Muscolino Si consolida la giurisprudenza a favore dei professionisti, Corriere Tributario 2003, fasc.45 pag.3733.

[2] A. Boldrito Non è soggetto ad IRAP il professionista privo di “autonoma organizzazione”, Corriere Tributario 2002, fasc.2 pag.162; V. Ficari Brevi note su lavoro autonomo autonomamente organizzato e lavoro autonomo coordinato e continuato nel presupposto IRAP, Rivista di Giurisprudenza Tributaria 2003, pag.84; C. Sallustio Rimborso dell’IRAP ai lavoratori autonomi, Rassegna tributaria 2002, pag.1303; L. Leoni IRAP, autonoma organizzazione, impresa, Il Fisco 2002, pag.15943.

[3] Questo tipo di orientamento interpreta gli articoli 2 e 3 del d.lgs. 446/1997 sulla base dell’argomento interpretativo “economico”. Detto indirizzo sottolinea come l’articolo 3 sopra citato, alla lettera c) del comma 1, includa fra i soggetti passivi IRAP le persone fisiche che esercitano arti e professioni di cui all’articolo 53, comma 1, del TUIR e, quindi, implicitamente escluda dal novero dei soggetti passivi IRAP le persone esercenti un’attività professionale all’interno di un’attività organizzata da terzi. Conseguentemente, secondo l’impostazione dinanzi considerata, la modifica apportata dal legislatore all’articolo 2 mediante l’inserimento delle parole “autonomamente organizzata” non può non essere considerata come una mera ripetizione di quanto già previsto dalla lettera c) comma 1, dell’articolo 53 del TUIR. Partendo da questo presupposto, l’orientamento dottrinale in esame fornisce un’interpretazione di tipo “qualitativo” del principio affermato dalla Corte Costituzionale all’interno della sentenza n. 156/2001. Infatti, ad avviso dell’orientamento in esame, il carattere della “autonomia” connoterebbe solo quelle organizzazioni idonee a produrre valore aggiunto indipendentemente dalla presenza del titolare. L’inciso “autonomamente organizzata” risulterebbe pertanto correlato alla presenza di una etero – organizzazione e cioè di un’organizzazione distinta e separata dal lavoratore autonomo sebbene necessariamente operante sotto la sua direzione e responsabilità. L’etero – organizzazione è quindi intesa quale insieme organizzato di capitali e/o lavoro altrui e la sua autonomia viene ravvisata nella capacità di produrre valore aggiunto indipendentemente dalla presenza del professionista. Sul punto A. Pozzo L’autonoma organizzazione dei professionisti ai fini IRAP, Corriere Tributario 2004, fasc.41 pp. 3227-3228. Non sembra condividere tale orientamento M. Procopio Il (falso) problema dell’autonoma organizzazione nell’IRAP, Diritto e Pratica Tributaria 2007, fasc.3 pag. 570, il quale ritiene l’impostazione su esposta priva di fondamento logico in quanto tale impostazione condurrebbe ad escludere dall’ambito di applicazione dell’IRAP la quasi totalità di liberi professionisti e persino di lavoro autonomo, come precisato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 5011 del 2007.

[4] Sul punto: A. Boldrito I professionisti sono sempre esclusi dall’IRAP?, Corriere Tributario 2003, fasc.21 pag.1721, osserva che è quindi irrilevante la presenza nell’organizzazione di beni strumentali (per quanto di alto valore), così come la presenza di collaboratori e/o ausiliari idonei a consentire la sostituzione totale del professionista: infatti solo se l’organizzazione è in grado di prestare servizi, senza l’intervento del professionista, ricorre l’autonomia rilevante ai fini IRAP. Conformi: G. Verna & D. Moscato Il presupposto dell’IRAP – Profili dell’autonoma organizzazione nella giurisprudenza di merito, Il Fisco 2002,  pp. 5274-5276, i quali osservano che non è la presenza di uno o più dipendenti a precludere l’esclusione dall’IRAP, anche se tale pluralità sarà valutata quale elemento normalmente rilevatore della sussistenza di un’autonoma organizzazione.

[5] Interessante in tal senso risulta la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Trento del 2 Ottobre 2001, n.101, la quale afferma che, ai fini della ricorrenza del presupposto impositivo IRAP, “si deve trattare di un’organizzazione del tutto sganciata dall’apporto professionale […]. Ci deve essere sì un insieme di capitali e lavoro, ma gli stessi devono essere coordinati  e organizzati in modo talmente autonomo che dovrebbero essere in grado di creare valore aggiunto anche da soli senza l’apporto personale del professionista […]. Si avrà attività organizzata ogni qual volta la medesima si svilupperà e potrà essere esercitata in assenza del professionista. In tal senso lo stesso numero dei dipendenti pare ininfluente alla determinazione del concetto di organizzazione”.

[6] Tale tesi è stata portata alle conseguenze più estreme da una parte della giurisprudenza che, in considerazione dell’articolo 2232 del Codice Civile (il quale statuisce che il prestatore d’opera deve eseguire personalmente l’incarico assunto), giunge alla conclusione che “nell’esercizio delle professioni intellettuali è, in via di principio, assolutamente non configurabile l’esistenza di una organizzazione di beni che possa funzionare in assenza del professionista, dovendo essere prevalente la sua attività professionale rispetto all’eventuale utilizzazione di qualsivoglia organizzazione di beni strumentali”. Commissione Tributaria Provinciale di Bologna, sentenza del 21 Agosto 2003, n.421. In senso conforme si esprimono: Commissione Tributaria Regionale Piemonte, sentenza del 20 Maggio 2003, n.5/12/03; Comm. Trib. Reg. Emilia Romagna, sentenza del 2 Aprile 2003, n.320; Comm. Trib. Reg. Emilia Romagna del 13 Marzo 2003, n.11. In senso diametralmente opposto si è espressa una giurisprudenza minoritaria (Comm. Trib. Reg. Veneto, sentenza del 10 Ottobre 2002, n.82; Comm. Trib. Reg. Emilia Romagna, sentenza del 23 Ottobre 2002, n.120) che, invece, individua l’autonoma organizzazione nella capacità del professionista di ottenere credito o di procurarsi una propria clientela (anche in presenza di una minima organizzazione), rimanendo quindi esonerato dall’applicazione dell’IRAP solo il professionista che svolge la sua intera attività a favore di un soggetto predeterminato. Questa Ultima tesi è fortemente criticata da: V.Ficari 2003, op.cit., pag.82; A.Boldrito 2003, op.cit., pag.1732.

[7] F. Gallo Imposta regionale sulle attività produttive, Enciclopedia diritto – Aggiornamento, V, Milano, 2001, pag.661; R. Schiavolin L’imposta regionale sulle attività produttive, in Commento agli interventi di riforma tributaria, M. Miccinesi (a cura di), Padova, 1999, pag.777; G. Porcaro IRAP ed attività svolte in assenza di organizzazione. Prime esperienze giurisprudenziali su IRAP ed attività prive di organizzazione, Rassegna Tributaria 2002, pp.373-364.

[8] L’interpretazione appena fornita dà una lettura meramente “quantitativa” del presupposto dell’autonoma organizzazione. Sul punto si veda: A. Pozzo 2004, op.cit., pag.3228-3229.

[9] G.Falsitta Manuale di diritto tributario, Parte speciale, Padova 2012, pag.990.

[10] Circolare Ministero delle Finanze n. 141/E del 4 Giugno 1998.

[11] Non si realizza il presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive nel caso di un’attività il cui esercizio richieda il superamento di un esame di abilitazione professionale e sia, dunque, “protetta” dal momento che tale condizione dimostra in modo certo l’infungibilità della prestazione del singolo professionista e, quindi, la funzione servente dei fattori della produzione (personale e capitale) organizzati anche quando tale organizzazione sia “ampia e sofisticata”. Sul punto si veda Commissione Tributaria Regionale Emilia Romagna – Sezione staccata di Parma – sentenza del 13 Marzo 2003, n.11. La portata della sentenza si rivela, altresì, di estrema latitudine in quanto giunge ad individuare l’attività autonomamente organizzata in quella nella quale la prestazione è fungibile a causa della non necessità di iscrizione ad albo professionale ad opera dell’agente; il che significa, sotto altro verso, che un’attività non è autonomamente organizzata quando essa è “protetta”. V. Ficari IRAP ed attività lavorative “protette” ed “auto-organizzazione”: le strade si separano, Bollettino Tributario d’Informazioni 2003, fasc.7 pag.552.

[11] Sul punto si veda: C.T. Provinciale Bologna 22/05/2003 n.421, C.T. Prov. Alessandria 12/12/2001 n.229, C.T. Prov. Trento 02/10/2001 n.101, C.T. Prov. Piacenza 11/10/2001 n.49, C.T. Regionale Lombardia 27/01/2004 n.9, C.T. Reg. Toscana 05/02/2003 n.15, C.T. Reg. Emilia Romagna 11/02/2003 n. 11/35/03 e 10/12/2002 n.320.

[12] Sul punto si veda: C.T. Regionale Puglia 17/01/2006 n.146, C.T. Provinciale Campobasso 03/05/2004 n.49, C.T. Reg. Piemonte 19/01/2004 n.9/28/04, C.T. Reg. Valle d’Aosta 18/05/2003 n.5, C.T. Prov. Firenze 24/01/2002 n.9.

[13] Sulla questione è stato già ampliamente discusso nel capitolo precedente: risulta utile ricordare che il procedimento a livello comunitario si è concluso con la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 3 Ottobre 2006 sulla causa C-475/03, dove è stata dichiarata pienamente legittima l’imposta regionale sull’attività produttive. Sul punto: cfr. par.1.3 pag 18.

[14] Cassazione Civile, Sezione Tributaria, sentenza del 20 Luglio 2009, n.16855.

[15] Cassazione Civile, Sezione Tributaria, sentenza del 16 Ottobre 2009, n.21989.

[16] Sul punto si veda: G. Ferranti e C. Graziani IRAP dei professionisti, IPSOA 2010, pp.25-30.

[17] Le sentenze analizzate riguardano soggetti che esercitano le professioni più disparate (avvocato, dottore commercialista, ragioniere, medico, geometra, ingegnere, modella, operatore informatico, scrittore, ecc.) e si fondano sulla decisione espressa nella famosa sentenza della Corte Costituzionale n. 156/2001, che ha un’indubbia valenza ermeneutica, nonostante il suo carattere incidentale e non vincolante (essendo contenuta nell’ambito di una sentenza di mero rigetto). In tutte le sentenze sono state respinte le tesi “estreme” dell’Agenzia delle Entrate (secondo la quale il requisito dell’organizzazione sarebbe sempre esistente) e di talune Commissioni Tributarie (secondo le quali l’IRAP sarebbe sempre dovuta solo quando non sussiste l’iscrizione ad albi e ordini e, comunque, l’organizzazione raggiunga un grado di autonomia tale da classificare la figura e l’opera del professionista titolare dell’organizzazione produttiva). Sul punto: G. Ferranti e C. Graziani IRAP dei professionisti, IPSOA 2010, pp.28-29.

[18] I primi dispositivi sono stati depositati il 16 Febbraio e offrono un panoramica casistica ricca di sfaccettature Sul punto: M. Mobili e R. Bresciani Alta tensione sull’IRAP, Il sole 24 ore del  28 Aprile 2008, pag.33.

 

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