Eccoci di nuovo a parlare di autofattura e di fattura elettronica. In un altro articolo c'eravamo già occupati di questo tema e di molti altri argomenti, come ad esempio le note di credito o le operazioni fuori campo in maniera elettronica. Oggi torniamo ad analizzare un argomento che ha tenuto impegnata tutta la stampa specializzata nelle ultime settimane: l'autofattura per reverse charge in formato elettronico. Finalmente con il telefisco (il forum del Il Sole 24 Ore) del 30 gennaio 2019, l'agenzia delle entrate ha fornito importanti chiarimenti su questo tema.
Reverse charge
Il reverse charge è un meccanismo di derivazione comunitaria utilizzato spesso in ambito fiscale per combattere l'evasione dell'iva. Succedeva infatti troppo spesso che chi effettuava l'operazione emetteva fattura senza poi procedere al versamento dell'iva dovuta, mentre chi riceveva la fattura si portava in detrazione l'iva, causando un duplice danno nei confronti dell'erario. Per evitare ciò, in diversi settori (tra cui quello dei subappalti nell'edilizia) è stato introdotto il reverse charge. Questo singolare meccanismo funziona in questa maniera:
- il venditore emette fattura senza addebitare l'iva.
- l'acquirente integra la fattura ricevuta con l'aliquota iva dovuta; in fase di registrazione poi annota l'iva sia nel registro delle venite che in quello degli acquisti.
Autofattura per reverse charge interno
Ora che abbiamo un'idea di massima su come funziona il reverse, vediamo operativamente come si applica con la nuova fattura elettronica. Il venditore al momento della compilazione della fattura in fatture e corrispettivi ,(quando applica l’iva) dovrà inserire come aliquota lo 0% (zero per cento) e poi specificare il motivo della mancata applicazione dell'imposta, indicando nel campo natura inversione contabile (reverse charge) [N6]. Quando la e-fattura viene poi emessa, il sistema di interscambio dell'agenzia delle entrate riconosce che la fattura elettronica è stata fatta in reverse. Tale fattura viene poi, come di consueto, comunicata al cliente alla sua pec o al codice destinatario. A questo punto il cliente deve provvedere ad integrare l'iva nella fattura ricevuta con l’aliquota e l’imposta dovuta e la conseguente registrazione della stessa nel registro iva acquisti e iva vendite.
Come fare l'integrazione con la fattura elettronica?
Per fare ciò l'agenzia delle entrate, richiamando la circolare n. 13/E del 2 luglio 2018, ci dice che l'integrazione può avvenire tramite la predisposizione di un altro documento, da allegare al file della fattura in questione, contenente sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della stessa. Ed è qui che emergono i primi dubbi.
I primi dubbi sull'integrazione elettronica della fattura in reverse
A livello operativo sembra piuttosto difficile trovare un modo per integrare la fattura elettronica. La fattura elettronica viene infatti trasmessa in un formato particolare (conosciuto come XML) impossibile da modificare dopo l'invio al Sistema d'interscambio. Come fare dunque ad integrare concretamente la e-fattura? All'interno delle Faq sulla fattura elettronica, l'agenzia ci indica una modalità alternativa. Secondo quest'ultima ipotesi, il cliente può predisporre un altro documento (chiamato dall'agenzia "autofattura") da inviare allo Sdi. Come infatti ha chiarito la stessa Agenzia, il documento verrà poi portato automaticamente in conservazione. Per avere un'idea su come funziona il sistema di conservazione dell'agenzia, vi invitiamo a leggere un nostro precedente articolo cliccando qui.
Autofattura per reverse charge interno: ulteriori dubbi
Il termine utilizzato dall'agenzia per indicare il tipo di file da trasmettere elettronicamente è "autofattura". All'interno del servizio fatture e corrispettivi dell'agenzia delle entrate, possiamo però vedere che l'unica ipotesi prevista per l'autofattura è quella relativa all'autofattura denuncia (ex art.6 d.lgs. 471/1997) TD20. Come illustrato nell'immagine qui sotto, non sembra che vi siano altri documenti disponibili (tra quelli presenti nella lista a tendina) per la generazione della nostra autofattura per reverse interno.
Finalmente l'agenzia delle entrate, con il convegno organizzato dal Il Sole 24-Ore nel febbraio 2019, ha detto che il documento elettronico da utilizzare in questo caso non è l'autofattura (codificata con il TD20), ma la fattura (codificata con il TD01).
Il rischio di duplicazione dei dati trasmessi allo Sdi
Nel caso si voglia dunque fare questa autofattura elettronica, l'agenzia dice di indicare l’identificativo IVA dell’operatore che effettua l’integrazione sia nel campo del cedente/prestatore che in quello del cessionario/committente, e di inviare poi la stessa elettronicamente allo Sdi. Alcuni dubbi sono però stati sollevati in merito in particolare ad un'eventuale duplicazione dei dati trasmessi al sistema di interscambio dell'agenzia delle entrate. Inoltre, ricordiamo, la stessa agenzia delle entrate quando ci parla di integrazione per reverse charge interno tramite autofattura, parla di una possibilità e non di un obbligo in carico al cliente.
Al fine di rispettare il dettato normativo, l’Agenzia ha già chiarito con la circolare 13/E del 2 luglio 2018 che una modalità alternativa all'integrazione della fattura POSSA essere la predisposizione di un altro documento [...]. Al riguardo, si evidenzia che tale documento – che per consuetudine viene chiamato “autofattura” poiché contiene i dati tipici di una fattura e, in particolare, l’identificativo IVA dell’operatore che effettua l’integrazione sia nel campo del cedente/prestatore che in quello del cessionario/committente – PUO' essere inviato al Sistema di Interscambio
Evidentemente l'agenzia utilizza il verbo potere [e no dovere] per l'assolvimento di tale operazione. Tale tecnica può dunque considerarsi una facoltà e non un obbligo per il cliente.
Quali soluzioni dunque per l'integrazione della nostra fattura per reverse charge interno?
Visto che le soluzioni offerte dall'agenzia sembrano difficilmente applicabili a livello operativo, riteniamo che l'integrazione possa avvenire semplicemente tramite l'annotazione nei registri iva vendite e iva acquisti. A tali conclusioni è giunto anche AssoSoftware che , in un intervento di gennaio 2019, spiega:
In attesa di chiarimenti AssoSoftware ritiene che possa essere considerato corretto comportarsi come prima dell’avvento della fattura elettronica e cioè procedere alla semplice registrazione contabile del documento integrato, dando così evidenza dell’integrazione nelle scritture contabili (registri IVA e libro giornale)
Come fatto poi fino al 2018, possiamo dunque fare una stampa del file ricevuto ed inserirlo in un apposito sezionale con una sua numerazione progressiva speciale.
Autofattura per reverse charge esterno
Qui, rispetto al caso precedente, la questione si fa più semplice. Il problema si risolve a monte in quanto l'obbligo di fatturazione elettronica riguarda solamente gli operatori italiani. Pertanto, in caso di acquisti intra-comunitari, l'acquirente può integrare la fattura ai fini del reverse charge come fatto fino al 31/12/2018 (ovvero in maniera cartacea). L'unico obbligo in capo all'acquirente italiano sarà quello di comunicare tale operazione nell'esterometro, il nuovo adempimento in vigore dal 1/1/2019. L'esterometro non è nient'altro che lo spesometro in scala europea. Per approfondimenti vi invitiamo al leggere il nostro articolo sull'esterometro e la fattura elettronica.
Siamo giunti alla fine di questo articolo. Vi invitiamo a consultare sempre il nostro Blog per conoscere tutte le novità in tema di fattura elettronica. Prossimamente faremo altri approfondimenti relativi ai documenti da inserire all'interno della fattura elettronica, come ad esempio i DDT. Per seguirci non dovete fare altro che mettere like alla nostra pagina facebook , Linkedin o Telegram.
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